Smart working, figli, tecnologia e didattica: il racconto e i consigli di un papà che lavora da casa da 4 anni e più

Ci voleva il termine “smart working,” perché “lavoro da casa” in Italia, per molti, proprio non va giù. Sarà cultura, sarà mentalità, sarà la scarsa alfabetizzazione digitale, sta di fatto che è ancora guardato con sospetto da molti datori di lavoro, e con ammirazione e un pizzico di divertimento—quasi ironico (“ah ah ah, guardami lavoro dal divano!")—da alcuni lavoratori. Non tutti, fortunatamente. Siamo tutti piacevolmente sorpresi da quanto velocemente molte realtà si siano riorganizzate. 👏👏👏

Fondamentale è stato il segnale forte dal Governo, che sin da subito ha consigliato—sempre più caldamente—di lavorare da casa; fino ad arrivare al DPCM firmato ieri: in soldoni, ci si può recare sul luogo di lavoro solo se non si può lavorare da casa. Ovviamente quel “solo se” cela un mondo di mail, messaggi, telefonate, gruppi WhatsApp tra colleghi, etc. In questi giorni ne ho viste di ogni: datori di lavoro che inviano video ai dipendenti per ricordare loro quanto sia (giustamente) importante mandare avanti il lavoro (e andare in ufficio), persone che correvano in ufficio per portarsi a casa il PC fisso, mamme esauste che inoltravano GIF animate che le ritraevano come mostri mangiafigli, insegnanti che provano in qualsiasi modo ad organizzarsi, etc.

Fatto sta che ora chi può “deve” lavorare da casa. Io ho il privilegio di fare “smartworking” da oltre 4 anni, durante i quali ho sempre cercato di persuadere mia moglie a fare lo stesso ma, nonostante svolga un lavoro 100% di back office (le servono telefono, computer, stampante), non ha mai cambiato idea. Ora è diventato indispensabile. Il suo datore di lavoro non la obbliga, ma le da fortunatamente il permesso. È diventato indispensabile per noi, per mantenere i vincoli che ci siamo posti per questo periodo:

  • stare a casa senza avere contatti con nessuno (salvo telematici),
  • far vivere al meglio questa situazione ai nostri due figli di 2 e 5 anni,
  • continuare a lavorare.

Dopo una settimana abbondante di rodaggio, il motore inizia a gira bene, quindi ecco il nostro racconto, qualche consiglio, e riferimenti.

Consigli in breve

  • Separate il tempo tra lavoro e famiglia: fare due cose insieme è frustrante per tutti.
  • Se possibile, separate i luoghi: basta una stanza, dentro cui si lavora e basta, con la porta chiusa a chiave se serve.
  • Se possibile, fate i turni (almeno 2 ore, idealmente 4): genitore uno lavora mentre genitore due si occupa dei figli, e viceversa.
  • Usate bene i ritagli di tempo (sì, anche la “pausa pipì” :-) e fate una stima realistica di quanto ne avete a disposizione.
  • La tecnologia aiuta: spesa online, cuffie, videoconferenze, chat, timer, reminder, calendari, liste, post-it.
  • Non dimenticate un minimo di decoro: abbiamo tutti bisogno di vederci e avere contatti un po’ umani, ma non a tutti piace vedere colleghi in pigiama.
  • Usate la fantasia con i figli: dalle stupidaggini come una scatola di cartone può nascerne un gioco di ore.
  • Usate chiarezza e comunicate tra voi adulti, senza aspettarsi che chi lavora possa “eccezionalmente” aiutarvi mentre gestite i figli.
  • Il tempo dei bambini è estremamente dilatato: fate fare a loro, come vogliono loro e nel tempo che necessitano, anche 10 minuti per lavare le mani (tanto, che fretta avete?)
  • Pianificate il giusto e preparatevi a cambiare, ma senza far predere ai vostri figli il controllo di casa.

Tempo di qualità

Pensare di lavorare “mentre i figli fanno altro” è impensabile. Per chi ha figli piccoli, anche solo il pensiero che uno possa rompersi il collo non fa certo lavorare tranquilli. Siamo tutti d’accordo che gli incidenti domestici sono da evitare in questo periodo, no? Se si vuole lavorare davvero, bastano anche poche ore, ma devono essere di qualità, ben definite, completamente a nostra disposizione. È proprio questo il concetto di smart working, no? Stabilire cosa fare oggi, prendere coscienza del tempo a disposizione e usarlo bene. Specialmente se siete abituati ad un ufficio ben frequentato, sarete sorpresi di quanto più lavoro riuscirete a fare nella stessa quantità di tempo.

Turni: lavoro e gioco

Può far sorridere, ma io e mia moglie ci diamo i turni. Lei lavora al mattino mentre io mi occupo dei figli, pranziamo insieme e poi si cambia. Il pranzo lo preparo io, anche se il più delle volte riscaldo gli avanzi della cena—che mia moglie fa appositamente abbondante, perché non dureremmo 2 giorni se dovessi cucinare io. Non lasciate che sia il caso (o peggio, i vostri figli) a scandire il tempo: parlatene tra di voi, trovate un modo che funziona bene per voi e cercate di metterlo in pratica.

Siate da subito chiari e onesti con i vostri figli: mamma/papà sta lavorando, papà/mamma gioca con voi. Inutile dire “andiamo a salutare mamma/papà mentre lavora,” perché si aggrapperebbero a chi non possono avere in quel momento, rendendo un inferno la vita di chi li deve gestire. Tanto meglio essere chiari e farli piangere per 5’ piuttosto che uno stillicidio che impedirebbe a loro di vivere con serenità il tempo con voi, e a chi deve lavorare di essere concentrato e lucido. Dopo qualche giorno lo impareranno. Però la regola deve essere semplice, chiara e sempre quella.

Ammetto che i primi 2-3gg sono stati difficili. Una mia amica mi ha scritto chiedendomi come andava e dicendo che lei si divertiva un sacco a casa a lavorare con i figli. La mia risposta è stata:

“è una m****a totale, tutto è fuori controllo, come ca**o fai a divertirti?”

Ma alla fine ho riflettuto: è così, il modo migliore per combattere questa grave emergenza è stare tutti isolati il più possibile, tanto vale trovare il modo di rendere il tutto…non direi “divertente” ma armonioso.

Sveglia, e al lavoro quasi come sempre

Ci svegliamo come se dovessimo andare al lavoro, voglio dire con la sveglia. Mia moglie cerca di tenere gli orari di lavoro 9-13 che ha normalmente (part time). Ovviamente si è meno “fiscali” sul tempo in modalità smartworking, ma la quantità di lavoro è quella. Chiaramente non si smette di essere puntuali quando ci sono appuntamenti telefonici o video-chiamate.

Sulla formalità, per quanto possiate avere un buon rapporto con i propri colleghi, andreste mai in ufficio in pigiama o fareste una telefonata di lavoro con urla e strepiti di sottofondo?

Trovare tempo nei ritagli di tempo

Io lavoro nel pomeriggio, cercando di recuperare tempo come possibile (da contratto lavoro 8 ore): lavoro fino alle 19:30; pausa pranzo di 30’; evito distrazioni; al mattino appena sveglio leggo immediatamente le email dal cellulare. Le email che richiedono 1-2 minuti le gestisco subito prima di prepararmi, quelle “un po’ più lunghe” le leggo nei ritagli di 5–10’ in cui i miei figli giocano autonomamente senza uccidersi a vicenda (non pensate di avere intervalli più lunghi con figli di 2 e 5 anni; barare con tablet + Netflix o YouTube non vale), mentre quelle più importanti le gestisco come prima cosa nel pomeriggio.

È pericoloso pensare di avere tempo infinito a disposizione, quindi il “lo faccio dopo nel ritaglio di tempo” non deve sfuggire di mano e non deve diventare una regola. Se serve usare qualche mezz’ora dopo aver messo a letto i figli, fatelo, ma ricordatevi che c’è bisogno di un po’ di decompressione. Non dico relax, perché se come noi vivete in Lombardia…c’è poco da stare allegri e rilassati.

Quando non è urgente, scrivilo

Sembra cinico, ma “vado un secondo a dire questa cosa a mio marito/moglie/compagno/a” può essere una pallina di neve che rotola da una cima innevata. Anche una cosa banale come “ricordiamoci che dobbiamo comprare XYZ” oppure “guarda che domani c’è da fare quello.”

Nella nostra esperienza può succedere di tutto:

  • i figli si ricordano che esiste l’altro genitore, che avevano temporaneamente dimenticato perché intenti a giocare: da quel momento sarà difficile tornare a fare quello che stavate facendo;
  • inizia una conversazione lunga a partire da “questa cosa da un secondo”;
  • si decide di cambiare la giornata in base alla conversazione più lunga;
  • i figli si intromettono in una questione tra adulti richiamando attenzione;
  • si scoperchia il vaso di pandora pieno di altre “cose da un secondo” da dire/fare;

Noi preferiamo scriverci in chat se veramente è urgente (ad es., “guarda che figlio 1 gratta sulla porta, scrostalo che non riesco a lavorare”), oppure, molto meglio, usiamo:

  • lista della spesa condivisa con Todoist, ma un sistema vale l’altro purché permetta ad entrambi di scrivere indipendentemente sulla stessa lista senza dovervi parlare (altrimenti a che serve?);
  • calendario condiviso che avverte quando uno aggiunge cosa al calendario, oltre ai classici reminder (usiamo Slack integrato con Google Calendar); ma anche qui, usate quello che fa per voi, purché sia veloce aggiungere/spostare/togliere impegni;

Generalmente ci viene abbastanza naturale rispettare il tempo dell’altro/a, che sia di lavoro o con i figli.

Spazio di lavoro

I nostri figli hanno capito molto bene che “lo studio è un luogo di lavoro,” prima di tutto perché chi ci entra lavora e chiude la porta a chiave, secondo perché quando ci entrano loro (e sanno che non dovrebbero), glielo si dice chiaramente: “sai che non puoi entrare qui, perché qui si lavora.” Ovviamente in quanto bambini sono molto creativi, ed hanno imparato ad entrarci dicendo “devo lavorare,” ma si fa loro capire che non è tempo e luogo per giocare.

Avere una stanza dedicata, anche piccola, anche solo un angolo adibito a scrivania è un grande vantaggio. È ovviamente fondamentale che quella stanza diventi il “luogo di lavoro” quando è usato come tale, quindi deve essere chiusa a chiave, altrimenti diventa immediatamente un bazar.

Spazio e tempo di gioco

Si gioca e si passa tempo con i figli nel resto della casa, che fortunatamente è la maggior parte. Non si esce se non quando si può stare da soli, ad esempio nel cortile privato del nostro condominio.

Di solito passo meno tempo con i miei figli rispetto a mia moglie, ma ho imparato da lei diverse cose, che ora sono molto utili:

  • coinvolgere i figli nella preparazione di pranzo, merenda, biscotti, qualsiasi cosa;
  • se si sporcano o fanno danni, fa niente: sistemare è comunque tempo passato con loro, tanto in quelle 4-5 ore non ho fretta di tornare a fare quello che stavo facendo;
  • chiedere il loro aiuto anche per le piccole cose “portami questo o porta quello”;
  • lasciarli fare.

Generalmente la nostra routine mattutina in regime normale sarebbe questa:

  • ci svegliamo,
  • accendendo le luci e metto musica nella cameretta (con Amazon Echo e un paio di interruttori “intelligenti”) sperando che si sveglino autonomamente,
  • io e mia moglie ci prepariamo,
  • io preparo i figli e li porto a scuola,
  • mia moglie esce e va in ufficio,
  • torna e li va a prendere nel pomeriggio.

Ora è un po’ cambiata:

  • ci svegliamo poco prima dell’orario di lavoro, perché per mia moglie non c’è tempo di commuting,
  • ci prepariamo,
  • i figli si svegliano da soli e nel frattempo a volte ho anche il lusso di leggere le notizie,
  • spendo più tempo possibile per fare colazione con loro, perché alla fine a loro piace: di norma odiano avere fretta di dover finire per andare a scuola,
  • di norma loro finiscono colazione comunque prima di me, perché devo prepararla,
  • ovviamente appena finisco vogliono giocare con me, ma io cerco di essere chiaro: voi avete fatto colazione, ora devo farla io…borbottano un po’ ma accettano e si trovano qualcosa da fare,
  • li vesto e nel mentre mi chiedono “dov’è mamma?”, e io “mamma lavora”, e loro “ma è qui?”, e io: “sì, ma lavora”, …, dopo qualche botta e risposta si va a convergenza e si rassegnano (ogni giorno è meglio),
  • ogni mattina cerco di inventarmi qualcosa di nuovo: biscotti, merenda da preparare insieme, giocare fuori, giocare in casa, costruzioni, disegni, colla, pongo, acquarelli, pastelli; anche qui il bello è che più li lascio fare più il tempo passa serenamente,
  • quando il tempo e le condizioni lo permettono li coinvolgo un po’ nella preparazione del pranzo.

Tecnologia e didattica

Non abbiamo figli in età scolare, nel senso che non devono seguire lezioni. Per questo però c’è una guida succinta e completa alla “didattica ai tempi del Coronavirus” messa a punto da Carola Frediani che parla di:

  • iniziative di supporto,
  • piattaforme tecnologiche,
  • consigli pratici,
  • contenuti pronti.

A metà tra nido e scuola dell’infanzia non si può parlare di “didattica a distanza,” ma anche qui si può fare qualcosa, perché alla fine la cosa più triste per qualunque bambino è il non poter vedere i compagni. La prima preoccupazione di mio figlio è stata “non potrò mai più andare a scuola”. Quindi cerchiamo di utilizzare qualche strumento per tenere i contatti:

  • stiamo organizzando delle assemblee in videoconferenza con educatrici e compagni: al primo test nessuno ha parlato, ma come inizio va bene così;
  • ogni tanto le educatrici inviano dei video in cui leggono brevi libri “come se fossero a scuola,” mostrando le pagine in modo che i bambini che seguono possano vedere bene (attenzione: i video per i bambini possono essere “ipnotici,” quindi la cosa sfugge di mano velocemente e potreste ritrovarvi con le orecchie sanguinanti per aver sentito la stessa fiaba 10 volte di fila; mettete un limite).

Di questi tempi TV, YouTube, Netflix, etc., sono una valvola di sfogo oserei dire indispensabile, ma noi cerchiamo di limitarne l’utilizzo come si fa di solito, altrimenti finiremmo con figli fisicamente non stanchi, mentalmente rinco…, che ogni sera andrebbero a letto sempre più tardi, si sveglierebbero sempre più tardi, etc. Non serve che io prosegua :-)

Riferimenti